Ricordo ancora il debutto dei Van Halen in una scena musicale già folta di personaggi interessanti. Almeno, nel loro genere.
I Van Halen si proponevano di scalzare i Led Zeppelin e i Pink Floyd con il loro rock adrenalinico e dalle tinte fosche.
Non si può dire proprio che ci siano riusciti, ma si sono senz’altro guadagnati un posto d’onore nel Pantheon del rock classico.
Un saluto a Eddie Van Halen
Eddie Van Halen fu una delle componenti principali del gruppo. Sebbene avesse iniziato come batterista, si sostituì poi al fratello alla chitarra, e forse fu una modifica necessaria: senza il carisma di Eddie come chitarrista, a mio parere, la band non sarebbe arrivata così lontano.
Il suo stile alla chitarra colpiva molto chi riusciva a vedere i suoi concerti dal vivo, e sulle riviste non si faceva che menzionarlo. Se Rolling Stone l’ha classificato tra i 100 migliori chitarristi di ogni tempo, credo che anche il mondo rock “ufficiale” gli abbia tributato i dovuti omaggi.
Forse il successo di pubblico che ebbero i Van Halen non fu così travolgente. Oggi chi non li ha vissuti e chi non è appassionato di rock vintage, probabilmente conosce solo “Jump”.
Brano che comunque appartiene a una seconda fase della band, nella quale Eddie iniziava a cantare. In più, iniziava a usare il sintetizzatore, era il 1984.
La tecnica unica
Non posso entrare troppo nei dettagli, ma ho letto in più luoghi che la tecnica unica con cui Van Halen suonava fu mutuata da un video di Jimmy Page.
In effetti, il tapping prevede di usare entrambe le mani sul manico della chitarra, escludendo lo schema della chitarra classica per principianti, nel quale la destra pizzica e la sinistra si muove sul manico.
Un saluto quindi a un grande rocker, che ha saputo reinterpretare con fantasia uno stile che forse a qualcuno era sembrato al capolinea.