Quale giudice migliore della visione umana, se non quella che noi stessi rappresentiamo? Tra le tante forme di verità, quella che mi ha stimolato una riflessione profonda è stato lo sviluppo della robotica. È un argomento particolare e a me non troppo familiare, ma lo trovo un campo di interesse nuovo e stimolante.
Ho recentemente scoperto che sbagliavo nel credere i robot un’invenzione moderna, anzi, i primi tentativi risalgono veramente all’antichità, per poi modellarsi e svilupparsi fino agli umanoidi dei giorni nostri. Questo processo di evoluzione della meccanica è ben sviluppato nella mostra che si svolge al Science Museum di Londra e che offre, attraverso i tentativi compiuti dall’uomo negli ultimi 500 anni, un viaggio temporale nella storia della robotica.
È impressionante poter interagire con le creazioni più moderne, incredibilmente capaci e somiglianti. Lascia basiti scoprire come i movimenti e le percezioni robotiche possono essere così simili alle nostre. Non c’è quasi più un limite nel trasformare l’immaginazione in realtà.
Davanti a queste macchine quasi perfettamente antropomorfe mi sono accorto come la tecnologia si rivoluzioni velocissimamente. Non si può far a meno di chiedersi dove si potrà arrivare un domani e quanto vicino sia questo domani.
Un robot può essere giudice della nostra società?
Un filo conduttore che unisce le creazioni robotiche dal 1600 ad oggi sono le sembianze che la maggior parte dei robot raffigurano: quelle umane. Sicuramente i tentativi compiuti in antichità furono molto limitati nelle rappresentazioni, anche per via delle restrizioni sullo studio dell’essere umano nella sua anatomia. Osservando i manufatti odierni e le loro evoluzioni tuttavia, non può non balzare agl’occhi questa ricerca, quasi ossessiva, del voler ricreare noi stessi, senza imperfezioni e senza turbamenti.
Un sentimento questo che si affronta in diversi campi, basti pensare ai poeti, agli eroi, ai grandi imperatori. Ricreare noi stessi e farlo nel modo migliore possibile.
L’immagine che cerchiamo di attribuire a questi robot è quella migliore dell’essere umano, i lati positivi che vorremo trovare in chi ci circonda e forse riuscire, grazie a loro, a raggiungere la principale di tutte le ossessioni umane: l’immortalità.
Tuttavia, nonostante i balzi in avanti della tecnologia e le migliorie estetiche, il cervello robotico, è ancora oggi troppo ancorato all’umanità per potersi elevare al di sopra di essa ed esprimere un giudizio universalmente accettabile e giusto. Il tribunale degli uomini può mantenere il suo posto.
Chissà se un domani l’incredibile sviluppo di questo settore ci consentirà di superare anche lo scoglio etico che questo ragionamento porta con se. Per ora possiamo ammirare soltanto la storia e la crescita continua della robotica, non perdendo mai di vista chi siamo e dove vogliamo arrivare.