Eterno dilemma del Friday night per un anglofono della classe medio alta, il trinomio musical, cinema o opera non appartiene al Belpaese.
O almeno, non credo che appartenga a nessuno di noi, perché personalmente non ho mai vissuto nella mia cerchia di conoscenze una grande passione per il musical.
Questa è la prima considerazione, ma vanno tenuti in conto anche i mezzi di diffusione di massa. Quando mai capita che, ad esempio, la Rai in prima serata proponga le nuove uscite di Broadway, ad esempio?
Nemmeno le pagine culturali dei giornali che leggo abitualmente, la Repubblica, il Foglio, il Sole 24 Ore, il Corriere, qualche volta il Manifesto, segnalano botteghini di musical di valore.
Non avrei quindi idea di come reperire i nuovi musical di Broadway, anche perché i miei mezzi tecnologici sono limitati, e i cinema/teatri offrono poco, anche nella immensa e culturalissima Milano.
Quindi, il trinomio diventa già un binomio.
Anche se, in realtà, parliamo di parallelismi imperfetti.
L’opera deve essere in presenza, non c’è alternativa che tenga. Ho qualche DVD di grandi interpretazioni, ma lungi dal darmi gli stessi afflati di uno spettacolo dal vivo. Non c’è proprio paragone.
Invece ogni tanto circolano dei film basati su musical, arrangiati e riadattati per piacere al pubblico del grande schermo.
Solo qualche anno fa non si faceva che parlare di La La Land, un film basato su un musical che parla di film e di musica. Un intrigo incomprensibile per una pellicola che non ho capito, e che non mi è nemmeno sembrata passabile.
C’è però qualche musical nella mia infanzia, a cui sono mi sono avvicinato.
C’è Cats, ad esempio, o il mago di Oz, o Singing in the Rain e Hair.
In generale, tutte trame piuttosto leggere, soprattutto per Cats, che non è nient’altro che una rassegna di personaggi, una sfilata, diciamo.
(continua…)