Non ci siamo forse mai fermati, come società, a pensare a quanta distanza si è gradualmente messa tra l’orecchio che gradisce la musica lirica e l’orecchio che apprezza di più il reggaeton, la musica elettronica, o la trap.
Personalmente non credo nell’impossibilità di addestrare il proprio orecchio, visto anche che ci sono grandi appassionati di musica occidentale che poi si invaghiscono dei canti etnici come i griot africani, la pizzica salentina, o i cori russi di cui parlava il Maestro Battiato.
Però in questi casi vi è una volontà di potenza, una volontà ovvero di modificare il proprio gusto. Chi si mette consapevolmente a spulciare i 45 giri in un mercatino di dischi è diverso da chi si affida meramente all’algoritmo del programma di streaming musicale di turno.
Un cambio di paradigma
Io sono convinto che in realtà in una larga fetta della popolazione dei consumatori musicali ci sia un vero e proprio cambio di paradigma. Vogliamo semplificare? Chiamiamoli ascoltatori attivi e ascoltatori passivi. L’ascoltatore attivo sente un artista e va a comprare la sua discografia o si reca fisicamente al suo concerto, investendo tempo e risorse perché sa di poter trovare solo a quella fonte la sua acqua preferita.
Invece l’ascoltatore passivo si siede sul divano, o sulla scrivania mentre fa i compiti, e si lascia indottrinare. Ho scelto volutamente un’accezione negativa, perché ormai mi conoscete e sapete per cosa propendo.
Ma la vera domanda che chi si occupa di divulgazione culturale dovrebbe porsi è: come invertiamo questa tendenza? E qui arriviamo a interrogarci sul concetto di distanza incolmabile.
E cieli immensi
… e immenso amore (per la musica). La distanza è molta, tra una musica che porta alle vette, come la musica sinfonica o la lirica, e la trap, giusto per citarne una. Ma se poniamo di fronte alle nostre lenti critiche queste due musicalità, possiamo comunque trovare qualche affinità.
Innanzi tutto, la trap ha uno schema armonico di una semplicità imbarazzante. Anche l’opera non ha certo la complessità armonica e il gusto sperimentativo del jazz. E quindi, una vena più “pop” la possiamo riscontrare in entrambe.
Come l’opera, anche la trap nasce con un obiettivo popolare e una lieve tendenza a scandalizzare, presto assorbita dalla necessaria omologazione richiesta a una macchina di produzione del contenuto. Come mi pare dicesse Brecht: se piaci a troppi, vuol dire che non sei così trasgressivo.
In conclusione
Insomma, mi sono sforzato moltissimo per trovare queste due lievi somiglianze. E davvero, ho fatto fatica. Però forse è da questo punto che possiamo partire per trovare un orizzonte comune, un gancio a cui questi giovani possano appigliarsi per trovare, forse con una piccola fatica iniziale, qualcosa di bello anche nella lontanissima musica lirica.