Lontani sono i tempi in cui il lusso italiano costituiva una ambizione per la Cina.
E’ sconcertante l’inesorabilità con la quale i settori di mercato cinese si sono impossessati di eccellenze non autoctone, per renderle proprie e ottimizzarle. Complici, in molti casi, le condizioni preferenziali di trattamento della manodopera in Europa, ad esempio, le politiche sindacali in molti casi pressoché inesistenti, la popolazione sconfinata… Anche, la combinazione di alcune misure protezionistiche con altre di libera e spietata concorrenza.
Sono discorsi che tutti ormai conosciamo, come vediamo il pil cinese innalzarsi vertiginosamente di anno in anno.
Credevamo di avere riservata, noi italiani quantomeno, almeno l’eccellenza di cultura e moda.
Buyers accaniti, i cinesi della medio-alta borghesia hanno sempre privilegiato vestire marchio italiano o francese. Ma anche nella media e medio-bassa si tendeva a privilegiare, per i due terzi degli acquisti di lusso, prodotti occidentali (lessi il dato in un dossier sull’esportazione di affordable luxuries qualche tempo fa).
I duty-free negli areoporti asiatici sono un esempio calzante di questa fascinazione.
Da qualche anno la tendenza del lusso si sta invertendo.
In alcuni casi addirittura gli stilisti emergenti delle nostre lande si ispirano direttamente a stilisti cinesi. Vogue Italia nel 2015 dedica il numero agli stilisti cinesi, uno fra tutti. Ma qui parliamo di aspetto creativo, più che di mercato.
Il colletto delle camicie alla coreana. Non possiamo dimenticarci le immagini di fiumi di burocrati cinesi che dopo la rivoluzione culturale di Mao sfilavano nelle strade tutti vestiti allo stesso modo, con la giacca d’ordinanza e la camicia con collo alla coreana. Oggi constato la sua diffusione su moltissimi dei giovani occidentali.
I dati parlano chiaro: nel 2015 i consumi dei cinesi all’estero erano saliti del 16% e quelli in patria scesi del 2%, nel 2016 il trendi si è invertito: -2% estero e +4% in Cina.
Vicino a Oxford Street a Londra ha aperto il primo flagshipstore, il negozio di Bosideng, uno dei principali brand cinesi di abbigliamento per uomo. Gao Dekang, che se ne occupa, è tra gli uomini più influenti nel mondo del fashion secondo Forbes.
La bilancia si sta lentamente invertendo.