Ho già parlato del teatro giapponese Kabuki, la prima forma d’arte teatrale che mi ha colpito di questo straordinario Paese. Ho omesso però di considerare un altro teatro ben più famoso, probabilmente, e che in misura molto maggiore si avvale dell’uso di maschere: il teatro no.
Un’introduzione sul teatro No
Un’immagine vale più di mille parole, quindi vi invito a vedere questo spezzone di teatro No, se non avete la più pallida idea di cosa io stia parlando.
Ad una prima occhiata, noterete che una simile forma di teatro non ha nulla di realistico, e prevede invece una fitta serie di sovrastrutture e di conoscenza della specifica mimesis, per poter essere fruito.
Il teatro No nasce probabilmente come arte teatrale spontanea nel XIV secolo. Considerata un’arte teatrale tradizionale, tutt’oggi, ha però una caratteristica molto giapponese: non è democratica.
Infatti le uniche 5 scuole di teatro No attualmente esistenti sono gestite da 5 diverse famiglie, e solo il capofamiglia di ognuna di queste autorizza le rappresentazioni.
Un’ultimo cenno sulla poetica: oltre al canto e alla musica, abbiamo delle regole stringenti sulla tematica. Ci sono 5 categorie ammesse, ed è interessante notare come ce ne sia una anche dedicata alle donne.
Ma veniamo a uno dei suoi aspetti visibili.
Le maschere del teatro No
Da quello che ho letto in materia, le maschere sono immutabili. Le fessure degli occhi non possono essere allargate, quindi sul palco sono presenti dei punti di riferimento per gli attori, per evitare loro di inciampare nella scenografia.
Inoltre, come già nel teatro greco, su ogni maschera è rappresentata un’espressione facciale, che corrisponde al principale ruolo drammatico interpretato dal personaggio.
Ma c’è chi non porta la maschera
E solitamente parliamo di uomini adulti. Quindi ci sono alcune frange di personaggi che non hanno la necessità di schermarsi per apparire al pubblico, e questo è un dettaglio davvero interessante.
Ma un altro particolare può aiutarci a fare maggior chiarezza su questo punto: in alcuni drammi antichi la rappresentazione era preceduta da una sorta di preghiera alle maschere.
Quasi fossero divinità, che quindi concedevano all’umano di portarle, in cambio della vena artistica che avrebbe persuaso il pubblico.
Indubbiamente, un ruolo inedito della maschera.