Furono due le mostre che delimitarono i gusti artistici nazisti:
L’arte degenerata
Era il 1937 quando il regime nazista organizzò una delle esposizioni più discusse e più rinomate della storia. La mostra dell’arte degenerata fu occasione per deprecare tutte le forme d’arte e gli artisti che dal regime erano visti con l’occhio irrisorio e superiore della teutonica cultura.
Tra gli artisti ospitati dalla mostra d’arte degenerata, Kandiski, Picasso, Matisse, Monet, gli Impressionisti, Chagall. C’è anche chi sputò sui quadri e si consentì commenti pubblicamente derisori nei confronti dell’arte esposta. Possiamo immaginare come una mostra popolare, senza il filtro del rispetto dovuto verso l’arte, senza lo stigma sociale, possa diventare di fronte a forme d’arte che non riconosceva propriamente come forme della propria quotidianità.
Questa arte non era “ebrea” nel senso che era unicamente prodotta da artisti di nazionalità ebraica. E questo è interessante dal punto di vista della storia dell’arte, perché il concetto di “ebraicità” diventa quindi allusione a una serie di valori o disvalori, concepiti come deprecabili in quanto rappresentativi di una tradizione, ma che possono nascere anche slegati dalla tradizione stessa. Come se l’ebraicità fosse una archetipo. Ma questo non deve farci dimenticare, viceversa, che non bastavano i valori “tedeschi” a dispensare un ebreo dall’esclusione sociale.
L’esposizione dell’arte germanica
Ma un regime per essere davvero pervasivo deve fornire un’alternativa al divieto. Come già l’Italia, anche l’apparato nazista fece poi allestire la grande esposizione dell’arte germanica.
Mentre Hitler raccoglieva opere d’arte per arricchire il proprio patrimonio personale e poi creare una grandiosa galleria a Linz, la sua città natale, bisognava comunque indottrinare il popolo a dovere con un’esposizione pubblica più fruibile.
E il nazismo, con la propagandistica, ci lavorava molto.