“Io non sono rivoluzionario”. Questo è quanto avrebbe detto Michelangelo Pistoletto in un’intervista di oggi, in occasione della sua esposizione all’ambasciata di Berlino (Lo riporta Ansa).
Un’affermazione che mi ha colpito
Ecco, ogni tanto mi capita di fermare il mio flusso promotore e pragmatico e di lasciarmi colpire da alcune affermazioni. In questo caso, perché l’affermazione l’ho trovata di caratura inusitata, e insieme detta con una certa nonchalance, conscia del contesto che non era propriamente un palcoscenico rock.
Perché non è rivoluzionario, Michelangelo Pistoletto?
“Io non sono rivoluzionario”
Partiamo dall’inizio: un artista che ha esposto la sua Venere degli stracci nientemeno che nella hall dell’ambasciata. Che ha evoluto la sua originaria predilezione per paesaggi e nature morte in direzione di lamiere, specchi, opere riflettenti. Il coinvolgimento dell’utente diventa non solo strategia di simultaneità, ma vera e propria idea.
Stavo per scrivere “ideologia”, ma il termine è rigettato da Pistoletto: l’ideologia è la colpa originaria dei partiti, sostiene, che si distaccano sempre più “dalla gente”.
E qui arriviamo a una caratteristica che secondo me connota tutte le menti che producono qualcosa di significativo. Michelangelo Pistoletto ha creato un neologismo. Non di per sé una garanzia di originalità, il neologismo è “demopratico”.
Nulla di garantito dal punto di vista dell’ermeneutica, ma ecco, vediamo cosa vuol dire.
Demopratico
“La dualità universale che crea il terzo elemento. Uno più uno fa tre” riporta l’intervista rilasciata a Ansa. Hegeliano, direi piuttosto spudoratamente, e sto ancora cercando di capire come un concetto simile possa legarsi a velleità di pragmatismo, che da sempre ho tenuto ben distinto dalla riflessione di tipo spirituale.
Comunque sia, “demopratico” è un concetto che mi appare come abbastanza fumoso. “I settori della vita pratica sono l’agricoltura, la ricerca scientifica, la tecnologia, l’energia” recita l’intervista, e siamo qui a domandarci come la democrazia possa collegarsi artisticamente a questi “settori”.
Lo vedremo, perché una mia teoria ce l’ho.