Domenico Scandella detto il Menocchio era un mugnaio eretico ma nella vita aveva fatto molti lavori, tra cui anche il maestro. La sua evidente disparità di istruzione rispetto ai compaesani avrebbe forse potuto provocargli un certo rispetto e stima, nel paesello, e la copertura omertosa che si riservava agli individui innocui e utili alla comunità, benché in sospetto d’eresia.
La fame del dibattito alla ricerca della verità
Invece Menocchio non la passò liscia, per un semplice motivo: aveva fame di confronto, e si sentiva intimamente un profeta, quindi tenuto in qualche modo a condividere quanto sapeva con chi era attorno a lui.
La chiamano oggi la sindrome di Gerusalemme, anche se il mugnaio friulano nella Città Santa non ci andò mai. Fu invece spesso di transito nei paesucoli del Friuli e veneti, tra cui nella prolifica Venezia. Non riuscì però mai a trasferirsi a Ginevra, la patria della libertà di pensiero, e non riuscì a sfuggire agli anni di carcere, poi al processo, e infine alla condanna per eresia, all’abiura e all’assoluzione.
Ebbe l’obbligo però – nonostante l’assoluzione – di non incorrere nuovamente in discorsi pericolosi, di non spostarsi dal paesino e di indossare una vesticciola infamante, destinata a chi era stato condannato per eresia.
Durante la sua assenza, i figli avevano curato le sue sostanze, ma gli era molto difficile riprendere il mestiere di prima, probabilmente perché in quanto commerciante aveva la necessità di un habitus da persona degna di fiducia.
Impenitente
Nonostante lo spavento tangibile che aveva preso dopo il primo processo, il Menocchio continuò a farsi trovare in discorsi ambigui. Fortunatamente, nonostante le sue continue richieste al Sant’Uffizio di poter dismettere l’abitino infamante, e quindi nonostante l’apparente svantaggio sociale che gli arrecava, riuscì comunque sempre a trovare lavoro.
Perdette sicuramente una buona parte della stabilità economica che aveva prima del primo processo, come lamenta in più occasioni.
Ma le sue sventure non erano ancora finite, perché la sua lingua, come il suo ingegno, non riusciva a starsene quieta.