Riconosco che all’Italia pervengano numerose risorse, umane e non, dal cineturismo.
Quanti fatti di cronaca di turisti a mollo nella fontana di Trevi, come ne La dolce vita. Quanti attratti da Vacanze Romane arrivano per una o due settimane estive, inconsapevoli della fonace che li attenderà nella Capitale, oltre che degli agguati sapienti dei centurioni. Roma città aperta non sono in molti a conoscerlo.
Per quanto riguarda il cinema contemporaneo, mi trovo meno circondato da suggestioni, ma ho trovato dei dati relativi:
Bravehearth: aumento del +300% di arrivi al Wallace Monument, l’anno dopo l’uscita,
Balla coi lupi: Fort Hayes in Kansas ha registrato +25% di arrivi rispetto al +7% dei precedenti 4 anni.
Il signore degli anelli: tra 1998 e 2003 ha portato un +10% di arrivi dall’Inghilterra in Nuova Zelanda
Harry Potter:ha portato un incremento di arrivi del 50% nelle location del film in UK.
Salvate il soldato Ryan: Normandia si è registrato +40% arrivi statunitensi
L’ultimo dei Moicani: Chimney Rock Park, nord Carolina, ha visto + 25% arrivi dopo l’uscita del film
Orgoglio e Pregiudizio: Lyme Park nello Cheshire ha visto un aumento di arrivi del 150% (fonte)
Il fenomeno del cineturismo rappresenta un aspetto controverso dal punto di vista della percezione degli spazi: il cinefilo vede un luogo fittizio, come è filtrato dalla percezione del cineasta. Si innamora del luogo fittizio e vuole vedere quello reale per traasportarvi la propria esperienza.
Inutile ignorare che l’ancoraggio umano ai topoi può prescindere da una preventiva analisi geografica: il vialetto della casa nella quale si è cresciuti da bambini non reca certo il valore di appartenenza che ha piazza di Spagna per un romano. Entrambi tuttavia in quanto topoi vissuti e oggetto di cura sono necessariamente investiti di una rappresentazione personalissima.
Quindi, si può storcere il naso al cineturismo. Ma la geografia umanistica e la sociologia lo potrebbero benissimo inquadrare (sono sicuro che già lo facciano, benché io non sia più aggiornato) nel contesto della “presa in cura” di un luogo. Per quanto questa presa in cura non sia continuativa, il turista infatti dopo una settimana o due torna nella propria residenza, ce n’è una certa misura.
La presa in cura, mi sento di dirlo, avviene soprattutto se il film restituisce la città, o il luogo storico, nella sua pluralità contestuale. Posso dire che con La vita è bella ciò avviene con successo.