Tanti sono i personaggi del grande autore napoletano Salvatore Di Giacomo per cui è facile conservare una certa qual forma di tenerezza. Qui parliamo di Lassame fà a Dio.
1) San Pietro
Dalle fiabe di Italo Calvino che molti conoscono come l’accompagnamento della propria buonanotte da bambini arriva diritto anche in questa storia San Pietro. Non certo un San Pietro padre della Chiesa e dispensante pillole di saggezza, ma nemmeno un’austera divinità greca che scende sulla terra con i propri capricci e abusi di potere.
Ma non è nemmeno il San Pietro venale e pasticcione delle fiabe di Calvino. In Lassame fà a Dio, San Pietro è piuttosto un accompagnatore silente e pragmatico, un novello Sancho Panza che con il proprio savoir vivre conduce, vera e propria guida locale, la vera figura divina (Gesù).
San Pietro non contraddice il proprio padrone nemmeno quando egli afferma che gli uomini si lamentano inutilmente. Il santo fa sedere il turista/padrone, gli ordina da bere, attende e gli chiede se ha finito: Pietro fa quello che ognuno di noi vorrebbe fare, ovvero calare il proprio buon senso da terrestre sui fatti che accadono attorno a lui.
2) Il cieco al banchetto
Durante il banchetto dei mendicanti assunti in cielo, il primo a prendere il diritto di parola e ad innalzare un brindisi alla generosità degli ospiti è il mendicante cieco, impossibilitato a studiare e che versa in una estrema miseria.
Nonostante questa sua condizione, con presenza di spirito cita in un momento metaletterario il personaggio di Felice Sciosciammocca (Miseria e Nobiltà), e si arroga il diritto di condurre la conversazione in vece dei suoi compari di fianco a lui.
Ma il mendicante non è solo uno scugnizzo troppo cresciuto: egli è in grado di provare il sentimento estremamente adulto dell’autocommiserazione e del pudore per la propria condizione disagiata.
Ecco che tutti simpatizziamo per lui quando, venuto meno per un momento l’orgoglio e il coraggio del brindisi, il suo bicchiere pian piano cala in preda alla commozione e si appoggia sul tavolo.
3) Nannina
Sono in molti a sostenere che Nannina sia la vera protagonista dell’opera. La mendicante chiude il ciclo dell’osservazione della realtà inaugurato dai due santi che scendono in terra, ma fa anche molto di più.
Al di là del suo ruolo teso a incrementare il pathos verso la condizione che in quanto mendicante rappresenta, si scrolla di dosso i vicoli narrativi del deus ex machina che prova – senza troppo trasporto – a salvare questi mendicanti dalla loro condizione misera.
Nannina può dirsi la vera protagonista perché mostra che la ragione per vivere non è senz’altro nelle due limonate prese sul tavolino di un bar in centro né nel caldo sole sulla pelle, ma nemmeno nel cibo che abbiamo nel piatto.
Qui sta la sua tragicità, ma anche il suo dirompente realismo.