Parlare di Paolo Sorrentino significa necessariamente invocare i suoi titoli più barocchi e visuali come “Youth” oppure “La grande bellezza”? Chissà.
Quello che sappiamo dopo “È stata la mano di Dio” è che ci sono alcuni elementi intramontabili del suo cinema. In questo dramma così autentico e autobiografico, così sobrio e intimo, Sorrentino lascia intravedere cosa sono elementi di stile, le sorrentinate, diciamo, e cosa invece vuole essere contenuto autentico.
Attenzione, dico “sorrentinate” con bonarietà e grandissima ammirazione artistica!
Le Sorrentinate
Una sorrentinata ci sembrava ad esempio la tendenza irresistibile a inserire dei personaggi insoliti all’interno dei propri film.
Una tendenza che risulta strana, e quindi che attribuiamo a scelta poetica.
Ma è strana soprattutto dopo che ci siamo assuefatti alla nostra ordinarietà, oppure a vedere solo film stereotipati o appartenenti a una cultura diversa dalla nostra e quindi afona.
In realtà il concetto di personaggio strano, come può essere il protagonista di “This must be the place” o di “L’amico di famiglia”, è in tutte le nostre città.
Ma, come diceva Monicelli, i registi hanno smesso di essere registi quando hanno smesso di prendere l’autobus, quindi spesso, e mi ci metto anch’io, non abbiamo più modo di cogliere la insolita bellezza degli “strani” attorno a noi.
Sorrentino coglie tutto, guarda tutto (e questo sì, è poetica), e ci racconta ciò che ha visto e che vede.
In “È stata la mano di Dio” uno dei momenti più spassosi, secondo me, è quando il nuovo fidanzato dalla zia parente con il microfono gutturale, che si può esprimere, in modo rigorosamente prolisso, solo attraverso un altoparlantino alla Stephen Hawking.
Abbiamo poi la zia scontrosa che mangia le mozzarelle a morsi, abbiamo la nipotina costantemente in bicicletta, non mancano sceneggiate, voci alte, pianti, attacchi di panico. Eppure anche con la ferma percezione che siamo di fronte al risultato di un processo artistico, tutti questi elementi assumono una veste di fortissimo realismo.
Un film diverso
Questo film è così diverso dai barocchismi del Sorrentino solito, che pure io apprezzo moltissimo, ed è un vero e proprio testamento di vita, in cui compaiono anche molti dei suoi riferimenti artistici, come Fellini, Capuano, ma anche una Napoli del Vomero vista da una prospettiva diversa.
Avrei potuto immaginarlo, visto che comunque si tratta di una parziale autobiografia. Ma è stata comunque una bella sorpresa.
Vi consiglio assolutamente di vederlo, e a tutti quelli appassionati di Maradona o della bellissima città di Napoli, ancora di più.