(continua dal primo articolo sul Crac dei Cavalieri).
Alterne vicende riguardarono questa fortezza massiccia e pressoché imprendibile, finché dopo il 1300 non venne abbandonato e recuperato solo dalle autorità francesi negli anni Venti del Novecento, dopo che ricevettero mandato di governare la Siria.
La struttura
Si tratta di una struttura imponente poggiata su pianta trapezoidale per un’estensione di circa 3 ettari. La difesa passiva la fa da padrona, essendo il lato più corto rivolto su un pendio molto scosceso.
Le mura esterne sono attorniate da un fossato e conducono a una seconda cerchia di mura. Non si scherza con la difesa dalle incursioni dei Mori, e anche solo l’entrata dai grossi gradoni lascia intendere che l’ospite privilegiato era un ospite a cavallo, magari anche armato.
Molto suggestiva è la torre della figlia del re, derivante dal periodo arabo del Crac dei Cavalieri.
Ci ha messo lo zampino l’uomo, ma anche la natura, per danneggiare questo manufatto: nel 1170 dei terremoti lo scossero e imposero ingenti ristrutturazioni, e lo stesso successe qualche decina d’anni dopo.
Spaventati dal Crac
È interessante notare che Saladino non toccò il Crac dei Cavalieri.
Fu spaventato dall’ imponente fortificazione? Oppure semplicemente poco attratto da quell’avamposto non poi così strategico e troppo vicino alla costa?
Non è stato invece spaventato l’esercito ufficiale Siriano che nel 2014 ha riconquistato il Crac dei Cavalieri dopo che era stato occupato dalle truppe antigovernative.
Quel che sappiamo è che il portico gotico è stato fortemente danneggiato durante i combattimenti.
Il Crac: un crocevia
Mi colpisce sempre pensare ai luoghi situati su Crocevia di Popoli così diversi e così alterni nelle fortune.
Il Crac dei Cavalieri fu infatti influenzato dalla Contea di Tripoli e dai crociati, Certo, ma anche dall’invasione mongola, dalla mancata Alleanza tra Bizantini e signori cristiani che portò al suo parziale abbandono dal 1200 in poi.
E anche dalle Truppe del Saladino, come si è detto.
E prima ancora dai curdi, che lo edificarono. Eppure, genti così diverse e dai nomi così differenti e idiomi disparati avranno tutte visto il fianco di quel colle, il dirupo scosceso che sottostava le imponenti mura difensive. Tutti gli saranno chiesti chi ci fosse oltre quelle Mura, magari non in termini etnici perché i grossi spostamenti di popolo si conoscevano, ma in termini quantitativi.
Qualcuno attaccava, qualcuno alzava le spalle e passava oltre. Una vaga, indistinta smania di piantare bandiere sugli avamposti per alcuni, un ignorare e passar oltre per molti altri.
Una fortezza deve sempre la sua esistenza al confliggere di queste due umanissime tendenze.