Sono il 18% i laureati italiani, uno dei numeri più bassi tra i paesi Ocse.
In “Education at a Glance”, il rapporto annuale su istruzione dei Paesi membri presentato ieri alla Luiss di Roma, l’Italia figura non troppo ben piazzata per il 2017, con una certa disparità tra titolo di studio e sbocco occupazionale. Nihil novum, comunque. Senonché i dati della spesa pubblica destinata all’istruzione sembrano sempre aumentare del 4%, in controtendenza con il numero di studenti, che diminuisce.
Di questi studenti, una maggioranza decide ancora di dedicarsi alle cosiddette “materie umanistiche”, che mi pare un termine-macedonia che si avvia verso una zona d’ombra. Lo uso unicamente perché funzionale alle rilevazioni statistiche, ma siamo d’accordo che Storia Antica e Sociologia siano profondamente diverse. Il 39% rispetto alla media Ocse del 23%, mentre il 25% è laureato in una disciplina tecnico-scientifica, contro la media Ocse 22%. Perdiamo con gli studenti di economia, giurisprudenza e gestione, il 14% rispetto a una media OCSE del 23%.
Ho parlato altrove dell’opportunità di una formazione culturale massificata, e non starò certo a difendere i vantaggi dell’una piuttosto che dell’altra formazione. Parlo di scientifica e “umanistica”, ovviamente.
Il problema sta nel fatto che nella zona d’ombra si vadano a collocare tutti i “laureati”.
Soprattutto (questo non emerge dallo studio Ocse, è una mia considerazione) in certi entourage socio-culturali. Molti non ritengono un’opportunità studiare, nemmeno le materie scientifiche. Eppure:
L’istruzione terziaria mantiene le promesse in termini di ritorno degli investimenti: i laureati hanno una maggior probabilità – dieci punti percentuali in più – di trovare lavoro e guadagnano in media il 56% in più rispetto agli adulti che hanno completato solo il percorso secondario superiore. E hanno una maggior capacità di rispondere ai periodi di crisi: il tasso di occupazione per i “giovani adulti” (per l’Ocse la fascia d’età tra 25 e 34 anni) con laurea è già tornato ai livelli pre-2008, mentre la disoccupazione per quelli con una formazione inferiore è ancora oggi su livelli superiori.
(Fonte: IlSole24Ore)
Uno dei deterrenti, oltre all’ambiente di origine, può essere il mero costo dell’intrapresa di un percorso universitario.
Il 91% delle spese dell’istruzione obbligatoria è coperto dal pubblico, ma scende drasticamente di 20 punti percentuali all’università, lasciando la scelta dell’istruzione in mano alle famiglie.
Incentivare l’istruzione è sempre auspicabile. Nel caso di un ritorno dimostrato, come in questo caso, è doveroso.