Il rapsòdo, così come viene studiato nei licei classici, è sostanzialmente un attore-cantante. Si differenzia dall’aedo perché quest’ultimo, oltre a cantare accompagnandosi a degli strumenti musicali, componeva anche i testi improvvisandoli e affidandosi a un canovaccio.
Senza entrare nel dettaglio della composizione/recitazione: il rapsòdo cantava, e cantava in un unico atto, cucendo parti di rappresentazione diverse a seconda dell’umore proprio e del pubblico, e della tenuta della memoria. Da qui probabilmente l’aggettivo “rapsodico”, come anche la definizione contemporanea di questo genere musicale ch a mio parere conserva tratti assai ambigui.
La rapsodia in musica
In musica potremmo dire che la rapsodia compare per la prima volta con Listz. Come possiamo facilmente evincere ascoltando la Rapsodia Ungherese n. 2, uno dei miei brani preferiti del compositore omotopo, gli stili e i generi sono qui abbastanza anarchici. Mi spiego, non sto certo dando dell’inconcludente a Listz, ma è evidente come sia il suo assoluto genio, piuttosto che uno schema metrico conosciuto, a dare la conduzione del tema a questo pezzo straordinario della storia della musica.
Rapsodia Boema
Non ci è dato sapere cosa pensasse quell’altro genio che era Freddie Mercury. Certo la passione del cantante leader dei Queen per il travestitismo, il musical, la performance, deve aver contribuito in grande misura alla scelta di “cucitura” di questi momenti di ballata rock che a volte sembrano perfettamente casuali. Soprattutto le parti corali estreme, che non potevano essere cantate live per la loro complicazione: il loro inframezzarsi ad altre parti più “classiche” fa sì che l’effetto sia decisamente stimolante.
Un dubbio
Un dubbio che non mi abbandona è che io abbia ormai assimilato questi due esempi opposti di rapsodia, e che quindi per il mio orecchio non appaiano più accostamenti assurdi.
Non so nemmeno, sinceramente, se l’effetto volesse essere dell’assurdo. Per Listz, sicuramente no, per Mercury, magari…