Una piccola deviazione dalla regola ci è spero consentita, considerando che parliamo dell’Ischia Film Festival.
Una location molto bella e suggestiva, e non solo per i turisti che vedono l’Italia nella sua veste più bella. A Ischia c’è qualcosa di ineffabile che spinge a dimenticare i fardelli della terraferma e calarsi nell’isola, tra le sue viuzze, il colore degli abitanti e dei fiori ai balconi.
L’Ischia Film Festival – come si è svolto quest’anno
Il Coronavirus ha imposto che il festival non si potesse svolgere secondo gli antichi fasti. E va bene, ma direi che ne è uscito globalmente molto bene, nonostante le presenze ridotte e lo staff spaurito dai molteplici divieti.
C’è stato precisamente un periodo, direi dalla fine d’aprile 2020, in cui le sorti del festival sono state decisamente in bilico. Dall’esterno i “follower” più assidui non riuscivano a capire: ma si farà o non si farà?
E infine, si è scelta una modalità mista. I film in presenza, gli interventi degli artisti coinvolti invece, in streaming.
Un’ottima occasione per mettere alla prova le risorse tecnologiche degli incontri “non in presenza”, tanto osteggiati da tanti difensori della didattica, ad esempio, vis a vis.
Spettatori virtuali da 65 Paesi
Una platea virtuale proveniente da 65 Paesi diversi, il che è un record assoluto. Dal 27 giugno al 4 luglio quindi, chi non ha potuto raggiungere l’isoletta italica a causa dei blocchi aerei, l’ha comunque vista dall’alto di un satellite, e poi dentro lo schermo del proprio computer.
5 anteprime italiane, 3 anteprime mondiali per l’attesa programmazione.
I premi
Nomino solo i vincitori assoluti della categoria “miglior film” per lungometraggio e cortometraggio.
Vi invito, se volete più informazioni, a consultare direttamente la pagina delle premiazioni del festival.
Miglior lungometraggio: il premio è andato a “Eastern” di Piotr Adamski, autore polacco che ha abbinato a quest’ultimo il premio Castello Aragonese come miglior regista. La palma del miglior cortometraggio va invece a “Inverno” di Giulio Mastromauro, che avevamo già visto ai David di Donatello, una riflessione non convenzionale sul lutto.