Al mio pugno di lettori forse dispiacerà questa deriva geopolitica, ma tant’è: ho visto alcune fotografie dei festeggiamenti in onore dei 60 anni di indipendenza del Congo, e vorrei commentare l’evento dal punto di vista puramente grafico.
Anche se….
Va bene, un evento geopolitico va narrato, perché siamo di fronte e un momento che storicamente verrà ricordato negli anni a venire: per la prima volta il re del Belgio ha dichiarato pubblicamente le proprie responsabilità storiche nei confronti del Paese africano, e se n’è detto dispiaciuto.
Al di là dei giudizi politici, personali, o qualsiasi altra prospettiva vi porti ad esprimere la vostra narrazione: è un evento che probabilmente sarà ricordato. Noi, fedeli spettatori della Storia, lo osserviamo e ripetiamo, null’altro. Senza giudizi di merito. Per una bella prospettiva storica comunque vi invito a leggere questo articolo del Foglio.
I colori e le maschere
I colori sono sgargianti, e c’è una maschera che è stata inquadrata da diversi obiettivi. Questa ha attirato particolarmente la mia attenzione: è una sorta di armatura creata con delle lattine di alluminio, lievemente schiacciate. Da dove dovrebbe esserci un viso, compare il viso, leggermente truccato, della persona che porta la maschera.
Perché mi ha colpito? Perché è esattamente il proposito contrario del concetto del mascherarsi. Qui l’identità è preservata, perché i tratti del viso sono visibili. In fondo, la persona che sta manifestando non esprime un concetto inviso ai regnanti, e quindi la propria identità può essere mostrata senza temere ripercussioni.
Maschera e manifestazione
Quindi, questo semplice scatto ci dà in realtà un grosso spunto sul quale riflettere: esistono anche maschere che sembrano maschere, ma sono in realtà manifestazioni.
Qui la persona è fiera del contenuto che porta sul suo corpo (ambientalista, forse? Comunque non vedo moto l’attinenza con l’indipendenza del Congo) e non teme ripercussioni. Per questo, secondo il mio parere, la manifestazione in un Paese civile ha come connotato l’assenza di maschera. Quando c’è maschera, si torna nella dimensione non tanto apotropaica, quanto di protezione, attraverso l’anonimato, come avveniva a Venezia.