Ascoltando occasionalmente musica tecno nei locali pubblici, mi sono spesso ritrovato a pensare che abbiano tutti smesso di inventare da Bach in poi.
Lo so, è un pensiero radicale, e facendo una semplice ricerca su Inernet mi sono reso conto di quella che chiamavo “tecno” ha in realtà ora una miriade di sottogeneri, con più o meno dignità.
I mille sottogeneri della musica tecno
House, grunge, dubstep, hardcore, gabber, tektonik, solo per citare alcuni curiosi esempi in cui mi sono imbattuto.
Questo tipo di musica è in bilico tra l’armonia che ben conosciamo perché ne veniamo quotidianamente bombardati, e invece sonorità più cupe, ritmi più concitati, rigorosamente pari.
“Nei ritmi ossessivi la chiave dei riti tribali” cantava il buon Battiato, e come dargli torto.
Sincopi
L’utilizzo delle sincopi è a mio parere estendibile non solo alla teoria musicale che chi studia teoria e solfeggio impara.
Ma vediamo di andare con ordine: la sincope è tutto ciò che interrompe il flusso musicale, inteso come ritmo o durata delle note.
Valga questa come definizione spiccia per capire il significato di ciò che dico: nell’estrema semplicità della musica tecno la sincope è molto più rara che non, diciamo, in Chopin.
E fin qui siamo pacifici, perché la tribalità della musica tecno deve comunque in qualche misura sopperire ai danni dell’eterna riproducibilità dell’opera d’arte.
Ritmi e sincopi
Quindi, ogni tanto deve inserire delle piccole sincopi, degli elementi sonori inediti. Per ricordarci che è lì, è viva, è musica anche lei.
Ma la sincope in sé, non fa forse parte di quell’alternanza di pieno/vuoto che costituisce la musica?
Questa è la prima domanda che mi pongo. La seconda è: ma se il flusso musicale non si avverte più, allora come si trova la sincope?
Una domanda interessante, alla quale ho troppe poche competenze tecniche per rispondere.
Ne parlerò sicuramente più avanti.