Quando vivere di espedienti diventa un delicato equilibrio tra la satira sociale e l’immedesimazione, lì arriva Lina Wertmuller con il suo classico intramontabile Pasqualino Settebellezze.
Giannini giovane e pungente è un Pasqualino Settebellezze che non si dimentica
Un Giannini che punge e che è giovane, come chi ha la mia età è abituato a immaginarlo. Un attore che squaderna tutto il suo carisma attoriale in un’interpretazione del napoletanuccio accanito nell’unica arte nella quale gli sia consentito praticare: la sopravvivenza. E’ così che Pasqualino si ritrova a sopravvivere al campo di concentramento, dove addirittura scala fino al vertice della micro società fino al grado di kapò.
La vittoria dell’individualismo proletario sulle ideologie
Secondo me il film si può anche interpretare alla luce dei grandi classici neorealisti dell’epoca.
E’ così che Pasqualino sopravvive a tutte le ideologie alternative alla sua unica religione, che è, per l’appunto, la sopravvivenza: con un accanito individualismo, che lo rassomiglia più agli antieroi monicelliani che ai protagonisti di DeSica, Zavattini, Pasolini, Rossellini anche in un certo modo. La Wertmuller è riuscita a mio parere a esportare la piccineria e a farla capire anche a chi italiano non è. Mi ricordo durante la mia infanzia tre signore attempate austriache, che si dividevano tra loro del’acqua in una torrida giornata estiva italiana. Le loro chiacchiere ad alto volume, i loro gesti evidenti, la loro pragmatica sveltezza mi ricordavano immensamente quei personaggi che vedevo nei nostri autobus, e nei film del grande Monicelli. Ecco, credo che la Wertmuller si sia guadagnata l’Oscar alla carriera anch eper questoparticolarissimo tono nel quale descrive l’individualismo del Pulcinella: come un tratto che riguarda il napoletano in quanto uomo e non in quanto entità geografica.
L’uomo universale
Parlando della realtà più piccola e provinciale possibile, e senza scomodare ideologie, la Wertmuller ha descritto un uomo universale.