Che a Lina Wertmuller piaccia la satira sociale, direi che è fuor di dubbio.
Maestra di se stessa
In questo senso dal maestro che accompagnava da ragazza, sui set di Otto e mezzo e della Dolce vita, ha preso ben poco. E’ stata maestra di sè stessa, riuscendo a regalare un tono del tutto personale alle sue opere.
E’ famosa al grande pubblico per l’adattamento cinematografico di “Io, speriamo che me la cavo” del ’92, con Paolo Villaggio. Ma se vogliamo tornare agli anni ’70 troviamo il capolavoro “Pasqualino Settebellezze”, del 1977, che le vale tre candidature agli Oscar, tra cui quello per la miglior regia.
Il sodalizio con Giancarlo Giannini
L’attore feticcio della Wertmuller, necessario per comprendere al volo la sua necessità satirica, è stato Giancarlo Giannini. Iniziano il percorso insieme con “Mimì metallurgico ferito nell’onore”, film del ’72 su un Giannini giovanissimo, provinciale e umile lavoratore siciliano che emigra a Torino, dove incorre in continue prove che minano la sua stabilità culturale.
Insieme a Giannini non poeva mancare una controparte femminile, individuata dalla Wertmuller in Mariangela Melato. Insieme i due attori faranno coppi satirica, ed è anche grazie a loro che il grande pubblico conosce Lina Wertmuller.
I grandi titoli
Tra i titoli più famosi ci sono “Film d’amore e d’anarchia, ovvero stamattina alle 10 in Via dei Fiori nella nota casa di tolleranza” (1973), “Travolti da un insolito destino nell’azzurro mare d’agosto” (1974), “La fine del mondo nel nostro solito letto in una notte piena di pioggia” (1978) e “Fatto di sangue fra due uomini per causa di una vedova… si sospettano moventi politici” (1978).
Alla fine degli anni ’90 abbiamo, nel 1996, “Metalmeccanico e parrucchiera in un turbine di sesso e politica”, con Tullio Solenghi e Veronica Pivetti.
Un’ultima menzione, a completare il quadro di una carriera ricca e prolifica, che le ha giustamente regalato l’Oscar: la regista si è cimentata anche nella ricostruzione storica, con “Ferdinando e Carolina”, 1999.