Non è una perdita per il mondo dell’arte che è passata inosservata.
Oltre 700 milioni raccolti finora per il restauro
Una cifra del genere lascia intendere una decisa virata dell’opinione pubblica in direzione del restauro, dell’arte, della tutela del patrimonio.
Devo dire che sebbene risulti fuori luogo la gioia per quest scoperta, non posso trattenermi dall’esprimerla. In fondo, ho anche pensato, il numero dei feriti o peggio spesso delegittima i discorsi corollari a episodi del genere. Se crolla la basilica di Norcia in seguito al sisma ad esempio può aver senso un discorso sul restauro, ma il pudore che lo deve accompagnare potrebbe nuocere alla propria stessa potenza.
Senza vittime
Un discorso viceversa sul restauro del tetto di Notre Dame ha piuttosto senso, in quanto non dobbiamo stendere, grazie a Dio, veli pietosi.
Una fortuna, in ogni senso possibile: la munificenza dei privati si può esprimere appieno, senza rimorsi per il mal indirizzamento delle risorse. I 700 milioni di cui parlano le nostre cronache locali (sinceramente non ho approfondito la notizia) parlano di industriali e ereditieri, principalmente, ma anche di istituzioni pubbliche.
Tutte le donazioni note
Il primo a palesarsi con una promessa di donazione sembra essere stato Francois-Henri Pinault (Kering). Poi Bernard Arnault, il patron megamilionario di LVMH.
A questi si accodano la famiglia Bettencourt-Meyers, erede di L’Oréal, e la Total. Anche Anne Hidalgo, la sindaca di Parigi, ha promesso che metterà 50 milioni di euro.
Che dire, un totale considerevole, e sono propenso a credere che nei prossimi giorni se ne manifesteranno altri, di donatori, anche di meno illustri.
Una vicenda che ha scosso quindi la coscienza pubblica attraverso un manufatto artistico, e di pregio considerevole per l’identità della città di Parigi, parlando dal punto di vista urbanistico e architettonico. Non mi arrischio a parlare di simbologie. Posso solo dire che Notre Dame promette di risorgere dalle sue ceneri.