E’ stato annunciato da qualche giorno che aprirà il festival della bellezza di Verona, nientemeno che Philip Glass.
Un’occasione ideale per gustare un po’ del minimalismo che contraddistingue il grande compositore, e secondo me un’ermeneutica interessante del concetto di bellezza. Sì, l’ho detto, e no, non citerò Shaftesbury o Wilde. E nemmeno, se vogliamo, Sgarbi o Eco.
La grande rivendicazione della bellezza
La bellezza soggettiva, o come mi piace chiamarla, la rivendicazione della bellezza, è infatti un diritto che una società informatizzata e attraversata dalle comunicazioni facili, non può non concedere più liberalmente che in passato.
Perché proprio Philip Glass a introdurre il Festival della Bellezza? Premesso che per un compositore “bellezza” è non necessariamente un valore. Bellezza non è sinonimo infatti di “buon lavoro”, come nemeno di “apprezzamento da parte della critica”. Non parlerei di apprezzamento del pubblico, perché mi piace pensare che da un certo livello artistico in poi parlare di doxa e democrazia dell’arte sfiori almeno il cattivo gusto.
Philip Glass, come ho già detto, ha un certo gusto minimalista che gli consente di accompagnare la narrazione. Parlo di colonna sonora di film, ma parlo anche di un episodio che mi era successo, di pianista di strada che suonava, se non Glass, qualcosa di molto simile. Ben lontano dall’anonimato, il musicista, abbastanza anodino d’aspetto, risvegliava l’attenzione di tutti i passanti, benché suonasse una cosa semplice (era in piena piazza Duomo).
Però era come se, avvicinandosi a lui, non mi sentissi in dovere di ascoltare religiosamente, come di solito faccio per imperativo morale con i musicisti di strada, e con i musicisti in generale.
Qualcuno mi ha fatto ascoltare un genere musicale che in realtà è genere solo per consentirne la diffusione commerciale, e serve specificamente a “accompagnare” le altre attività. O anche, a “rilassarsi”. Si chiama “chillout”, letteralmente “musica che rilassa”, e spopola sulle applicazioni di streaming musicale. La maggio parte delle volte trovo il “genere” assolutamente inascoltabile, ma qualche volta capita un classico jazz, o dello swing da sottofondo.
Se possiamo, insieme, restituire l’idea della “bella musica” che correda gli eventi, e insieme avere un’opera d’arte di gusto, raffinata e complessa, direi che la scelta di Glass al Festival veronese della Bellezza è perfettamente spiegata.