Abituati come siamo ai titoli eclatanti della stampa, potrebbe essere passato inosservato uno dei molti ritrovamenti archeologici curiosi fatti in questi giorni.
E’ successo nella Valle dei Templi di Agrigento, una delle miniere d’oro per la ricerca di reperti della Magna Grecia.
In questo caso però non si parla di periodo magnogreco bensì del tempio ellenistico di Akragas, nel quale si sta indagando l’area sud ovest. Tra i ritrovamenti un “guttus”, un poppatoio. Sostanzialmente, l’antenato dell’odierno biberon.
Non di uso quotidiano, comunque, visto che si trovava nella zona che sosteneva la cavea
Di poco fa il ritrovamento di Ecate a Selinunte, che pure aveva suscitato abbastanza risonanza sulla stampa, benché fosse un ritrovamento probabilmente antecedente alla titolistica.
Il biberon
“Scavando il riempimento di una delle strutture che dovevano sostenere la cavea – spiega il direttore del Parco archeologico, Giuseppe Parello, a TNS Sicilia – è stato rinvenuto un deposito di manufatti riferibili ad un rito propiziatorio. Gli oggetti ritrovati sono vasi di uso quotidiano, utilizzati prevalentemente per bere e per contenere liquidi, compreso il piccolo vaso con beccuccio, un guttus, un vero e proprio poppatoio”.
All’epoca del ritrovamento, e soprattutto dell’intervista, non si sapeva ancora quale sarebbe stata la capitale della cultura 2020. Il sindaco di Agrigento sindacava quindi su una possibile selezione di Agrigento, in nome non solo del sito archeologico, ma anche dello specifico e pittoresco ritrovamento.
Ora che il Parmigianino e il Correggio si sono presi il faro mediatico, ad Agrigento restano le folle di archeo-curiosi. Non saranno folle oceaniche, ma è lodevolissimo l’impegno che deve caratterizzare un ventenne che arriva a pagare per poter partecipare a degli scavi. Come ben si può immaginare, lo scavo oltre che richiedere un’attenzione e una finezza costanti, non avviene certo in condizioni meteorologiche sempre favorevoli. Gli archeo-curiosi confluiscono dalle università, dai licei, da paesi stranieri ma anche dalla stessa isola. Il fascino dell’archeologia, e l’empatia che suscitano i piccoli ritrovamenti legati alla suppellettile quotidiana, continuano.