Cinefili e cultori della cronaca di costume gioiscono, in questi giorni: è arrivato un luogo reale dove consumare la “colazione da Tiffany”. Senza intenti di pubblicità gratuita, mi limito a qualche considerazione basilare:
-La distanza di anni dall’uscita del film (1961) non sembra aver delegittimato il culto.
-Parlo di film perché nei proclami e nelle pubblicità si fa riferimento a Audrey Hepburn più che a Truman Capote, e mi sembra corretto tributarne ai registi la fama imperitura.
-In molti casi il brand supera il luogo fisico nel quale si svolge l’attività commerciale. Parlo di istituti che sviluppano un franchising, aprono diversi punti vendita… Ma anche di franchising già esistenti che usano lo storytelling a fini di marketing, inventando simbologia continuamente associabile a sè stessi.
-Situazione opposta, una simbologia già esistente e ben collaudata viene sfruttata per il merchandising. Così le bacchette di Harry Potter vengono realmente vendute, così si sviluppano fenomeni di finzione personaggistica che oggi hanno una delle tante sfaccettature nel colorato e giovanile “cosplay” che vediamo nei telegiornali all’indomani di fiere dei videogiochi o dei fumetti giapponesi. Questi ultimi esulano dal mondo prettamente del marketing, visto che buona parte dei costumi sono artigianali. Ma se vogliamo parlare di rimanenze culturali/caratteriali di personaggi noti, non possiamo che trovarne epigoni della commedia dell’arte…
-La colazione da Tiffany occupa in realtà nel romanzo di Capote un ruolo marginale, per quanto riguarda la quantità di materiale narrativo. Il titolo fa da spia indicante quanto sia fondamentale, nella vita della diva protagonista, questo luogo di evasione.
-Trovo personalmente curioso che sia passato così tanto tempo senza che il merchandising della colazione da Tiffany fiorisse. Visto il fiorire parallelo delle immagini della Hepburn con i capelli raccolti, i guanti e la sigaretta nell’elegante bocchino. Come santini, agli angoli della strade.
Posso concludere serenamente che la cinefilia è un mondo spaventoso e d’interesse antropologico inestinguibile.