Il concetto di “BDFL” o “Benevolent Dictator For Life” (Dittatore Benevolo a Vita) è molto presente in chi studia e si appassiona al software open source, ovvero i programmi che possono essere usati e modificati senza bisogno di pagare una licenza.
Il termine è curioso e mi ricorda i concetti di dittatura illuminata (alla Voltaire, per intenderci) che hanno animato i miei banchi di scuola. Usiamo il termine per descrivere una figura guida che detiene l’autorità finale su un progetto o una comunità. Questa figura ha l’ultima parola nelle decisioni importanti riguardanti lo sviluppo del software, le direzioni da prendere e le scelte di progettazione. Nonostante il termine “dittatore” possa sembrare negativo, nell’ambito del BDFL, è spesso usato in modo scherzoso e non necessariamente implica un controllo autoritario o oppressivo.
Cosa significa nelle realtà aziendali?
Il concetto di BDFL è spesso associato a progetti open source in cui esiste una figura di leadership carismatica e competente che ha creato o iniziato il progetto e ha una visione chiara su come dovrebbe evolversi, e quindi si assume la responsabilità finale delle decisioni.
Abbiamo ad esempio Guido van Rossum, il creatore del linguaggio di programmazione Python, oppure Linus Torvalds di Linux. La loro struttura di governance è più decentralizzata, ma sembra che Torvalds sia ancora visto come un padre fondatore, un benevolo sovrano.
Questione di governance
I dilemmi sulla governance di questi modelli sono tanti. Bisognerebbe parlare della responsabilità del creator, dell’importanza di attenersi a una visione unica. Eppure, la mia obiezione sarebbe: non dobbiamo forse formulare un’idea, una creatura, contribuire alla sua crescita, e poi lasciarla libera? A un certo punto della vita aziendale di un prodotto, esso prende vita e si presume verrà gestito in modo collegiale.
Chissà. Non voglio trovare di certo ricette, non con queste poche righe. Però mi ha molto affascinato il concetto!