Menocchio il mugnaio eretico era uno spirito libero, ma soprattutto un grande affabulatore, o meglio si concepiva come tale. Amava raccontare il proprio punto di vista, e anche carpire la verità attraverso una maieutica costante alle persone attorno a sé, condita da costanti nuove letture, proibite o meno. Tra queste figura senz’altro il Corano, come emerge dal secondo processo a Menocchio, ormai vecchio e barbuto. La descrizione che il mugnaio fa del Paradiso celeste è in tutto e per tutto simile quella coranica, con abbondanza materiale, fiumi di latte e miele, e simile anche a una tradizione contadina che Ginzburg mette in luce e cerca di carpire, per quello che non era orale e che emerge da altre opere letterarie.
Tra queste, il poema di argomento sacro di tale Scolio, che non sembra destinato a grande fortuna agli occhi della letteratura ufficiale, ma che pare il popolino ben conoscesse. Quelli che sapevano leggere, ovviamente.
Il Paradiso contadino
Per capire come gli elementi di questa cultura rurale prevalentemente sommersa trasmigrassero da un’opera all’altra, basta leggere le descrizioni entusiastiche che di questo paradiso celeste fa Scolio, ai margini dell’eresia. Il benessere è qui materiale, gastronomico e che asseconda le più basilari fantasie di ozio di una classe lavoratrice con poche prospettive di altro godimento se non quello fisico.
Se ci pensiamo è un tipo di paradiso che ricorre ancora oggi, nei miti di progresso e di realizzazione personale per mezzo dei beni materiali, soprattutto quelli di lusso.
Però non andiamo fuori tema e rimaniamo su questa idea di cultura sommersa, che raramente emerge in alcuni episodi o brani che per qualche motivo arrivano fino a noi.
Il poemetto di Scolio ne è un esempio, e il fatto che questa visione paradisiaca ricorra in entrambi gli interrogatori di Menocchio sembra essere un indizio: qualcosa circolava popolarmente, e non è mai stato tracciato da trattati, etnografi o letterati. Ma qualcosa c’era, e forse questo processo a un mugnaio friulano eretico è riuscito a metterlo in luce.
L’eretico abiurante ma recidivo
Comunque, il secondo processo andò male: Menocchio fu giudicato relapso, quindi recidivo, e venne in seguito condannato a morte. Siamo nel 1600, lo stesso anno di Giordano Bruno.
E non è affatto una coincidenza.