Era il 1997, primo gennaio.
Siamo a Novafeltria, nel riminese, e qui il grande cantautore e interprete Ivan Graziani muore all’età di 51 anni. Per chi lo conosce poco, magari solo per Monna Lisa, Lugano Addio, Firenze o Agnese, Graziani è un cantautore che non annoia, più ritmato e rock di tanti parolieri suoi contemporanei.
Ma sarebbe riduttivo classificarlo solo come rock, il suo genere un po’ scanzonato e musicalmente estremamente curato. Un Paul Simon italiano, interrotto troppo presto nel suo cammino artistico e mai riconosciuto a dovere, e quindi forse mai incentivato a comporre oltre i propri limiti, come altri suoi pari.
Musicista dedito
Per Graziani la chitarra non era una teca per esporre i propri testi. La chitarra era uno strumento e lui era il musicista. C’era una sorta di ritualità, di arcano rigore nel modo in cui si approcciava allo strumento, proprio come un musicista classico che entra nell’arena e afferra il proprio strumento. Del resto, solo una personalità con inclinazioni simili poteva comporre un brano eccelso come “Il chitarrista”.
Il cantautore dell’understatement
Si possono scrivere canzoni in modo scanzonato? Ivan Graziani ci ha provato. Con il suo timbro roco e quasi distante, a tratti ovattato, e con i suoi testi surreali, ha provato a consegnarci dei ritratti inediti di un’Italia della sua epoca (Agnese).
Delle sue gioie e delle sue passioni, come anche delle sue piccolezze e inspiegabilità.
Qualcuno ha sostenuto che se Graziani avesse ostentato l’impegno politico di un De Gregori (pure, a mio parere, abbastanza surreale), il dimenticatoio non l’avrebbe inghiottito.
Non ne sono così sicuro, anche perché “Pigro” è un manifesto politico, e molte altre canzoni, come Graziani stesso a più riprese dichiarò, sono grondanti di “sociale”.
Il nuovo album in uscita nel 2022
Nel suo studio di registrazione “Officine Pan Idler” sono state finalmente svelate molte tracce su cui si sta lavorando per poterle pubblicare proprio nel 2022, a 25 anni dalla morte dell’artista.